La gravidanza comporta per la donna profondi cambiamenti psicologici, ormonali e neurobiologici, che portano la donna a maturare la propria identità materna. Avviene un’articolata interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali che risuonano dentro la donna sia a livello inconscio che a livello conscio. Si verificano complesse rappresentazioni mentali di sé come madre e del bambino, fantastico o immaginario, e si costruisce il legame di attaccamento e il sistema di accudimento.
La prima descrizione di un investimento affettivo specifico verso il bambino atteso si deve a Donald Winnicott (1956) che definì preoccupazione materna primaria quello speciale coinvolgimento affettivo, così intenso da sembrare uno stato di passeggera follia, che la madre sviluppa verso il bambino durante la gravidanza attraverso un focalizzarsi dell’attenzione, dei pensieri e delle fantasie verso tutto quello che riguarda il bambino in via di sviluppo escludendo in gran parte il resto. Tale stato mentale, “che sarebbe una malattia se non vi fosse il fatto della gravidanza, potrebbe essere paragonato a uno stato di ritiro, a uno stato di dissociazione[1]”, fondato sulla capacità materna di identificarsi col bambino, rimane attivo nel periodo postnatale e facilita la recettività affettiva nei confronti della dipendenza del neonato e la sintonizzazione con i suoi stati emotivi. Questa condizione affettiva tende a risolversi dopo i primi mesi dalla nascita e la madre tende a rimuoverne il ricordo. Winnicott usa anche il termine contenimento intendendo in senso esteso tutto ciò che la madre è e fa in questo periodo.
Questa funzione è naturale in una mamma per la sua preoccupazione materna primaria, e si basa prevalentemente sull’empatia.
Daniel Stern ha chiamato costellazione materna[2] la nuova organizzazione psichica della donna che ha una durata variabile da mesi a anni e che è estremamente importante, anche se passeggera. Implica tre diversi discorsi: quello della madre con la propria madre, quello con sé stessa e quello con il suo bambino. Questa trilogia materna diventa la sua preoccupazione principale e i suoi pensieri e le sue emozioni si concentrano su quattro temi collegati:
- Tema vita-crescita: la madre è in grado di garantire la vita e la crescita del bambino?
- Tema della relazionalità primaria: è in grado di impegnarsi emotivamente con il bambino in modo autentico, e quell’impegno assicurerà lo sviluppo psichico del bambino verso il bambino che lei vuole?
- Tema della matrice di supporto: saprà come creare e permettere ai necessari sistemi di supporto di adempiere alle rispettive funzioni?
- Tema della riorganizzazione dell’identità: sarà in grado di trasformare la sua identità del Sé per permettere e facilitare queste funzioni?
“Ciascun tema implica un insieme organizzato di idee, desideri, paure, ricordi e motivazioni che determineranno o influenzeranno i sentimenti, le azioni, le interpretazioni, le relazioni interpersonali della madre, e altri comportamenti adattivi.[3]”
Come abbiamo detto, la gravidanza è un periodo piuttosto delicato nella vita di ciascuna donna, in quanto comporta un’attivazione di sentimenti personali, ricordi, fantasie e immagini inconsce, legati molto spesso alle proprie relazioni infantili. Le esperienze passate e le relazioni primarie tendono a essere evocate quando una donna scopre di essere in attesa e possono influenzare la qualità dell’interazione con il bambino.
La psicoanalista inglese Joan Raphael-Leff[4] analizzando tutta una serie di fonti cliniche (racconti diretti di futuri genitori, protocolli di psicoterapia, verbali di discussioni di gruppo, osservazioni dei bambini in casa, supervisioni di psicoterapie psicoanalitiche, fonti bibliografiche e discussioni con i colleghi) ha proposto un modello quadripartito circolare in cui emergono i diversi orientamenti materni che riflettono l’esperienza soggettiva della donna. Il primo orientamento riguarda la madre facilitante che considera la maternità come il culmine dell’esperienza femminile e sperimenta la maternità con grande coinvolgimento emozionale; la donna dialoga con il bambino, gli attribuisce un sesso, un nome e caratteristiche personali. All’altro capo, troviamo la donna che vuole soprattutto regolare la propria vita: la madre regolatrice che considera la gravidanza come un passaggio obbligato per avere un bimbo e prova fastidio per le trasformazioni corporee, resiste al riesame dell’identità imposto dalla gravidanza. Il desiderio è di non lasciarsi influenzare dalla gravidanza e dal futuro bambino. La madre orientata alla reciprocità è il gruppo intermedio, è infatti in grado di tollerare l’incertezza e i diversi sentimenti che riguardano se stessa e il bambino. Consapevole della propria ambivalenza, cerca di mantenere un equilibrio fra il suo mondo interno e il mondo esterno. L’ultima categoria è quella della madre conflittuale: la donna oscilla tra i primi due poli, ovvero tra un’immagine ideale e una ribellione contro questa immagine.
Un’altra modalità per esplorare il mondo mentale materno e il futuro ruolo genitoriale sono le interviste semi-strutturate, come l’Intervista sulle Rappresentazioni Materne in gravidanza (IRMAG-R). L’intervista, fatta tra il sesto e il settimo mese, permette di esplorare la costruzione e l’area delle rappresentazioni mentali che la donna elabora non solo nei confronti di se stessa come persona e come madre, ma anche del futuro bambino, del partner e della propria famiglia di origine. Attraverso delle domande semi-strutturate è possibile approfondire: il desiderio di maternità nella storia personale e di coppia, le emozioni personali, di coppia e familiari alla notizia della gravidanza, i cambiamenti avvenuti nella vita personale, di coppia e relazionale, le percezioni e le emozioni positive e negative, le fantasie materne e paterne e lo spazio psicologico per il bambino, le aspettative future e gli eventuali cambiamenti di vita, la prospettiva storica personale.
La ricerca, attraverso queste interviste, ha evidenziato altre tipologie di identità materna riconoscibili anche già durante il periodo di attesa:
– le madri integrate/equilibrate: sono donne equilibrate, che si lasciano andare ai cambiamenti che la gravidanza produce nei ritmi personali e che accettano in modo armonico le trasformazioni del proprio corpo. Le madri integrate sono in grado di mettersi immediatamente in rapporto con il figlio che è dentro di loro. È possibile una corrispondenza con la madre facilitante. Queste madri sono in grado di Pensare per due.[5]
– le madri ristrette/disinvestite: cui la maternità appare un’esperienza troppo complessa e coinvolgente per essere vissuta in modo semplice, o naturale. Sono donne che, seppur contente di diventare madri, considerano altrettanto importante mantenere il controllo di sé e salvaguardare la propria indipendenza e pertanto mostrano atteggiamenti spesso contrastanti. Può corrispondere alla madre regolatrice.
– le madri non integrate/ambivalenti: sono donne con atteggiamenti caotici e confusi, che desiderano la gravidanza, ma allo stesso tempo la temono. Tendono ad avere reazioni di rifiuto e di insofferenza, oscillano tra l’espressione dei bisogni e la negazione degli stessi, manifestano risentimento e fastidio nei confronti della propria madre, ma anche verso il figlio che aspettano. Quadro che corrisponde alla madre conflittuale.
Queste categorie rispecchiano diverse costellazioni materne ossia le diverse strategie che organizzano l’esperienza personale della maternità. La categoria Integrata/Equilibrata o Madre Facilitante rappresenta una costellazione materna più coerente, mentre le altre categorie denotano una minore flessibilità nell’affrontare la maternità. La qualità delle categorie impatterà pertanto in modo diverso sulla relazione madre-bambino e sul senso di sicurezza del bambino nel rapporto con la madre.
Concludo questo articolo con un altro illuminante concetto di Winnicott, la madre sufficientemente buona, ovvero “una madre che attivamente si adatta ai bisogni del bambino, un adattamento attivo che a poco a poco diminuisce a seconda delle capacità del bambino che cresce di rendersi conto del venir meno dell’adattamento e di tollerare i risultati della frustrazione… La madre sufficientemente buona […] incomincia con un adattamento quasi completo ai bisogni del suo bambino, e via via che il tempo procede vi si adatta gradualmente meno e meno completamente, a seconda della capacità crescente che il bambino ha di far fronte al suo venir meno[6]”.
Vorrei estendere o meglio far iniziare tale modo di essere a partire dal concepimento, perché proprio durante questi nove mesi è fondamentale l’adattamento quasi completo della madre ai bisogni del bambino prenatale.
Lo stile materno è in ogni modo influenzato dalla storia di vita della donna, dal suo modello di attaccamento, dalla relazione coniugale e dal sostegno famigliare.
Clarissa Iseppi
© painting Juliana Crownover, “Hold Me a Little Longer”
BIBLIOGRAFIA:
[1] Winnicott D. W. ( 1956), “La preoccupazione materna primaria”, in Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975.
[2] Stern D. N., La costellazione materna, Bollati Boringhieri, Torino, 1995, pagg. 197-217
[3] Stern D. N., La costellazione materna, op. cit, pag. 199
[4] Raphael-Leff J., La gravidanza vista dall’interno, Astrolabio, Roma, 2014, pagg. 76 – 88
[5] Ammaniti M., Gallese V., La nascita della intersoggettività, Cortina Editore, Milano 2014, pag. 79
[6] Winnicott D. W., Gioco e realtà, Armando Editore, Roma, 2006, pag. 32